martedì 9 agosto 2011

giovedì 28 aprile 2011

Cass. - Niente rimborso al genitore che decide spesa straordinaria senza consultarsi con l'altro

Le decisioni sui figli si prendono sempre in due, anche dopo la separazione. Non ha infatti diritto alla metà della parcella del dentista la madre che, contravvenendo agli accordi presi in sede di separazione, ha deciso senza consultare l’ex su una spesa straordinaria.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione che, con una sentenza del 27 aprile 2011, ha respinto il ricorso di una madre che aveva fatto curare il figlio presso un dentista, senza prima accordarsi con l’ex marito. Infatti c’era un patto fra i due, preso prima della separazione, per cui tutte le spese straordinarie avrebbero dovuto essere concordate.
Ma la donna aveva chiesto ed ottenuto nei confronti di lui un decreto ingiuntivo. L’uomo si era opposto e in primo grado aveva perso. Poi la Corte d’Appello di Napoli ha ribaltato il verdetto: la decisione unilaterale sul figlio non è legittima.
La prima sezione civile della Suprema corte ha accolto questa tesi sottolineando che si decide sempre in due sui figli. In particolare secondo Piazza Cavour “è dato di ritenere che, nel richiamare e fare propri gli accordi conclusi dai genitori, il tribunale abbia implicitamente valutato l'insussistenza di elementi di contrasto (per altro neppure adombrati nel ricorso) con l'interesse della prole”.
In effetti, “il tema della preventiva concertazione, anche per quanto attiene alla materia delle spese straordinarie, appare ispirato a quella regola dell'accordo che caratterizza, come imprescindibile momento dialettico, l'individuazione da parte di entrambi i genitori, anche dopo il verificarsi della crisi coniugale, delle decisioni maggiormente corrispondenti alle esigenze del minore, nell'ambito di una funzionalizzazione, rispetto a queste ultime, dell'esercizio della potestà”.

violazione degli obblighi di assistenza familiare

NOVITA' GIURISPRUDENZA
Il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare previsto e punito dall'art. 570 c.p. sussiste anche se è dipeso dall'indole violenta dell'altro coniuge. Lo ha stabilito la Sesta sezione penale della Corte di Cassazione (sentenza n.10745/201I.

l'ACCORDO DI SEPARAZIONE SE PREVEDE L'ALLOCAZIONE DEL FIGLIO PRESSO IL PADRE NON PUò ESSERE OMOLOGATO

Il Tribunale può non omologare l’accordo sull’affido condiviso dei minori se questo mette a rischio la loro serenità.
Lo ha stabilito il Tribunale di Vicenza che, con la sentenza numero 322/2011, ha sancito che “l'accordo raggiunto dai coniugi in ordine alle condizioni della loro separazione personale non può essere dal Giudice omologato in tutte le sue previsioni nelle ipotesi in cui non risulti soddisfatto l'interesse dei figli minori della coppia. La circostanza trova, in particolare, verificazione qualora, in seguito ad un periodo di collocamento dei minori in un ambiente estraneo alla famiglia, in quanto all'uopo non ritenuti idonei nessuno dei genitori a causa della forte conflittualità tra di essi sussistente e dell'atteggiamento connotato da trascuratezza assunto nei confronti della prole, nonostante una positiva evoluzione nei rapporti di coppia e familiare ed un apprezzabile rasserenamento, il Tribunale ritenga non opportuno disporre un affido congiunto, in quanto sussistente la necessità di perdurare nel collocamento della prole presso terzi. Nella fattispecie concreta, seppure il percorso intrapreso dai genitori ha prodotto risultati migliorativi della precedente situazione, deve rilevarsi l'opportunità del conseguimento di esiti più univocamente soddisfacenti e stabilizzanti, tale che l'assetto concordato e proposto dai coniugi in merito all'affido congiunto dei minori con allocazione presso il padre, non pare ancora preponderante ed adeguatamente rassicurante per l'equilibrio e la serenità degli stessi. Sul punto, pertanto, l'accordo di separazione, come formulato dai coniugi, non può essere omologato”.

martedì 19 aprile 2011

FIGLI LEGITTIMI E NATURALI

A figli legittimi e naturali va garantito un uguale tenore di vita.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (sentenza n.8227/2011 della prima sezione civile) chiarendo che il giudice può ridurre l'assegno di mantenimento in favore dei figli legittimi se questo incide sul reddito del padre al punto di non consentirgli di assicurare lo stesso tenore di vita anche ai figli naturali che sono nati da una successiva relazione.
Alla Suprema Corte si era rivolto un padre separato lamentando che l'aumento dell'assegno di mantenimento in favore della figlia legittima aveva creato uno squilibrio a svantaggio di due figli naturali che aveva avuto da una convivente. L'uomo aveva fatto notare in particolare che l'assegno da corrispondere alla prima figlia incideva notevomente sulle sue possibilità economiche.